Copio e incollo un bell'articolo sulla Florence Tattoo Convention, scritto da Giulia Spinelli, in fondo, una mia piccola intervista.
Potrete trovare l'articolo anche qui, sul sito di 5avi.

Mamma a pranzo non ci sono, vado alla Tattoo Convention“. Mia mamma non sa l’inglese ma ha una mente sufficientemente sveglia da captare la parola “tattoo” nella frase che le ho biascicato mentre uscivo di casa, tanto che, giusto il tempo di partire che mi ha chiamata, attaccandomi un pippone morale sul perché devo smetterla di tatuarmi. Quando si parla di tatuaggi, o volendo anche di tatuati (e fidatevi, ne abbiamo parlato parecchio noi ladies), lo si fa sempre sottovoce, quasi di nascosto. Il tatuaggio, nonostante la ormai diffusa pratica e nonostante sia una delle arti di decorazione corporea più antiche, risalendo infatti i primi tatuaggi agli anni prima della nascita di Cristo, è tutt’oggi visto, almeno nelle aree occidentali (soprattutto dalle mamme occidentali) quasi come un tabù, certamente un elemento di diversità, spesso un limite nell’ambito lavorativo.
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E la Tattoo Convention di Firenze sembra nata proprio a dispetto dell’ottusità perbenista; organizzata ogni Novembre da ormai sei anni, si oppone alla morale “per bene” e apre le porte agli strani, ai borderline, ai ragazzacci, alle suicide girls, ai reietti, ai differenti. La Fortezza da Basso si trasforma in un nido accogliente per tutti noi marchiati a pelle e lo strano non è più avere un tatuaggio ma non averlo tanto che nell’aria si respira comprensione, quasi fratellanza, e siamo noi per una volta, tutti insieme, a voltare le spalle al mondo, e non viceversa; è come se Firenze si svegliasse e concedesse una sudata grazia per tre giorni, dicendo “va bene casinisti, per settantadue ore potete sentirvi socialmente accettati e tollerati”. E così è stato.
La Tattoo Convention si è svolta l’ 8-9-10 Novembre scorsi alla Fortezza da Basso nella nostra bella Firenze. Questo atipico congresso ha accolto più di trecento tatuatori provenienti da ventisei nazioni del mondo. I tatuatori, ma anche tatuatrici, tatuavano live in convention durante tutta la giornata. La sala della Fortezza era costellata da stand di tatuatori, espositori dei più disparati libri su tatuaggi di ogni genere possibile e non, rivenditori di macchinari e attrezzi per tatuare ma anche vestiti e accessori come anelli, collane, pearcing. Appena entrate siamo state accolte e mai abbandonate per tutto il tour dal rumore snervante delle centinaia di macchinette che bucherellavano e inchiostravano pelle in qua e là: un suono inizialmente snervante ma così onnipresente e continuo che dopo qualche minuto è divenuto familiare fino a non sentirlo più.
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La passeggiata fra gli stand ci ha mostrato una miriade di stili diversi, da tatuatore a tatuatore: siamo passate dai più classici tribali, agli intramontabili old school, dai bellissimi giapponesi fino a stili tipici e propri che certi tatuatori hanno adottato e che maturano anno dopo anno. Molto interessante, seppur poco carino e umano ammetterlo, era anche vedere l’espressioni di dolore o indifferenza sulla faccia dei clienti sotto ai ferri e giudicare, in base a ciò che lasciavano trasparire, quanto potesse far male tatuarsi quel punto e magari, (scusa mamma), prendere spunto per un tatuaggio futuro. Ho avuto inoltre il piacere di scavare in po’ più a fondo nel tattoo world, domandando alcune curiosità ad una tatuatrice di Bergamo,Yle Vinil Manzoni, conosciuta da tempo e che ho cercato fra i mille stand della Tattoo Convention
Ciao Yle, come ti sei appassionata ai tatuaggi e da quanto tempo tatui ormai, anche sei sei giovanissima?
mi sono appassionata al mondo dei tattoo quasi per caso, ma sicuramente non per gioco (come tanti fanno al giorno d’oggi). Dopo aver lasciato al secondo anno l’accademia di belle arti di Brera, chiesi al tattoo shop dove mi ero tatuata se servisse qualcuno come assistente perché sapevo che nella mia vita avrei voluto continuare a disegnare ma mai avrei pensato di tatuare. Dopo circa 2 mesi che lavoravo in studio, andai coi ragazzi del Traccia Bastarda alla tattoo convention di Milano e lì vidi Amanda Toy lavorare. Rimasi affascinata e decisi di comprare colori e macchinette e di intraprendere questa nuova strada.
IMG_6198Cosa e a che età ti sei tatuata la prima volta?
18 anni: fui spinta dalla necessità di imprimere su pelle un disegno che mi era stato fatto su una pagina del diario del liceo da mia cugina. Eravamo molto legate, frequentavamo la stessa scuola e la persi 2 anni prima per colpa del cancro. Probabilmente non mi sarei mai affacciata a questo mondo senza questa cosa, la ringrazio ancora oggi.
E il primo tatuaggio che hai fatto tu invece?
Il primo tatuaggio che ho fatto me lo porto addosso io stessa: una scritta “first” nell’interno del polpaccio destro…gamba sul tavolo della cucina di mamma e via! (ciao mamma..ndr)
Hai già maturato un tuo stile in così poco tempo, da cosa ti lasci ispirare?
Sicuramente sono molto influenzata da Amanda Toy. Inoltre sono sempre stata affascinata dalle illustrazioni dei libri per bambini, ho una memoria fotografica e mi lascio ispirare molto anche dai ricordi, per questo talvolta c’è un velo di malinconia nei miei lavori.
IMG_6255Questa è la tua prima volta alla Tattoo Convention di Firenze?
La mia prima volta ad una convention è stata lo scorso anno proprio a Firenze, città magica che mi affascina molto.
Persona che più di tutte al mondo vorresti tatuare?
Ci sono un po’ di persone che vorrei tatuare, tra cui il mio ragazzo, che è a sua volta un tatuatore, da più tempo di me. “L’uomo impossibile” a cui sto dietro da anni però è mio padre, lo vorrei tatuare più di tutti, forse perché è l’unico che si nega. Ho un bellissimo rapporto con lui, io stessa porto un suo “ritratto” (fatto da Amanda Toy) sul braccio destro, di quando era piccolo. Ci tento e ci ritento a persuaderlo, perché segue e apprezza i miei lavori anche se dice che il tattoo non gli appartiene.
Parallelamente a chi tatuava, l’altra ala della fortezza era occupata da un’esposizione di quadri di vari artisti e fotografie, da un palco e da un’area in cui si svolgevano performaces di diverso genere. Sabato 9 siamo capitate a puntino per partecipare al risveglio di Kyrahm, accudita dalla collega Julius Kaiser durante la performance “CHRYSALIS: Human Installation”: rinchiusa in un bozzolo per ventisette ore, in collegamento video con la mamma, l’abbiamo vista uscire, alzarsi e andarsene senza tante parole ma con collane di perle infilzate nella schiena da Julius per mezzo di appositi aghi. Una Marina Abramovic de noattri.
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Era la mia prima volta alla Tattoo Convention e se dovessero chiedermi se mi sia piaciuta risponderei per mille volte si, si, si. Se poi fossero curiosi e mi volessero chiedere anche cosa mi sia piaciuto di più direi certamente due cose: la noncuranza che queste persone, giovani e meno giovani, hanno dovuto assumere di fronte agli occhi di chi li guarda e di chi li giudica mista alla naturalezza che si percepiva fra la folla di essere così, “diversi” per gli altri ma bellissimi per sé stessi e la coppia di nonni che accompagnavano il nipotino, di certo ignari di cosa avrebbero trovato, in Fortezza, quello strano e colorato Sabato di Novembre.

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